Ma voi l’avete vista The Bridge? Quella originale scandinava. Tutte e quattro le stagioni, intendo. Perché se no, ve la consiglio proprio. Perché? La storia, innanzitutto.
Una classica caccia a un serial killer, in cui il cattivo è un maledetto e intelligentissimo bastardo. Perverso e tecnologicamente avanzato. E sulle sue piste c’è una coppia di affascinanti detective: la fredda ad alta funzionalità Saga (Sofia Helin), poliziotta svedese sofisticata e disturbata, insieme a Martin, collega danese sanguigno, istintivo, scorretto e passionale. Alchimia voto 10. Una qualche spia rossa, tra quei due, si accende subito, appena si conoscono sul ponte che unisce i loro due paesi, accanto al cadavere eccellente lasciato giusto giusto sulla linea di confine. Anzi due cadaveri, si scoprirà presto, perché il misterioso killer ha composto la macabra esca con i resti di due diverse vittime. Tra l’altro una è il Sindaco di Malmoe, il che imprime ai detective una buona dose di ansia e fornisce alla vicenda una botta di adrenalina non da poco.
Trama fitta e intrigante, insomma, quella verticale. Ma il meglio di The Bridge è nello sviluppo orizzontale. Voglio dire che mentre il nostro misteriosissimo cattivo, come ogni serial killer che si rispetti, ingaggia coi suoi cacciatori una sfida a colpi di trappole e depistaggi, il creatore Hans Rosenfeldt ci attira nella tana dei due eroi. Getta un’ombra noir sulle loro anime. Ce ne mostra intrighi e debolezze. Le fa sbattere una contro l’altra. Non direttamente eh, ché qui il gioco è fine. Si passa attraverso i fantasmi di un terrorista che intende denunciare i mali della nostra società.
L’aspetto simbolico è più che evidente, in questa unione indotta di diverse anime intorno a un caso e a un cadavere che sono altrettanto imposte unioni di differenze. Cervelloticamente, potremmo anche buttarci in un’interpretazione tutta in chiave metaforica di questo giallo in cui la cosa più spaventosa è scoprire ciò che il tuo nemico ha di simile a te, opinioni comprese. Ma il fattore decisivo in The Bridge è l’eros freddo, che striscia sornione e quasi invisibile tra le pieghe del thriller.
Saga è sexy a sua insaputa, anzi contro la sua volontà. Spirito libero e solitario, sa andare in un club e portarsi a casa un ragazzo ma no, non ce la vedi in una coppia. Asperger com’è, fatica a comprendere le regole implicite di una convivenza.
Mentre Martin, marito fedifrago e padre ossessivo, sembra un cucciolone ribelle e sperduto. Facile innamorarsi o essere almeno attratti dall’uno o dall’altra. Fatale attaccarsi alla liana emotiva di questa attrazione per lanciarsi sulla serie come in una giungla. Fredda, nordica, razionale, ma pur sempre misteriosa e attrattiva come una giungla.
Sergio Gamberale
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