THE I-LAND Season 1, EPISODE 4 PHOTO CREDIT Courtesy of Netflix

IL NAUFRAGIO DI UN’IDEA – Recensione “The I-Land”

La serie di Neil LaBute non convince. Trama cervellotica e personaggi grotteschi non si fondono in una storia appassionante.

Al contrario di quanto si è detto e si possa pensare, The I-Land non ha molto a che vedere con Lost. I naufraghi sull’isola deserta qui non hanno memoria, non sanno chi siano né perché si trovino lì. Si sono svegliati sulla sabbia e sotto le palme, ma come ci siano arrivati non lo sanno. Cosa c’è sotto? Giusto il tempo di ambientarsi e siamo già altrove, nel secondo livello del racconto, dove tutto si spiega. E non c’è niente di misterioso ed intricato come in Lost, dietro. Solo che (SPOILER) quelli che vediamo nell’isola non sono personaggi reali ma avatar, delle proiezioni viventi e autonome di altrettanti detenuti del braccio della morte di un carcere texano del futuro.

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Creata dal regista Neil LaBute, The I-Land immagina che in un prossimo futuro sia possibile cancellare la memoria, ibernare e trasferire mentalmente e sensorialmente delle persone in un mondo virtuale. E racconta di come questa tecnica venga usata per studiare il comportamento di alcuni criminali riconosciuti, cui viene data la possibilità di ricominciare da zero. Chissà, forse la matricida e lo stragista, la giustiziera e il maniaco, senza il ricordo dei loro atti potrebbero anche dimostrare, in questa avventura nell’isola virtuale, il loro recupero. Ma alle loro spalle, nell’altrove del mondo carcerario, un oscuro e istrionico sceriffo giustizialista trama, remando decisamente contro la riuscita dell’esperimento. La prova si trasforma così in una lotta per la sopravvivenza ricca di insidie per i naufraghi-detenuti.

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C’è del cervellotico e del teatrale in The I-Land. Complesso è il puzzle di personalità che viene gradualmente alla luce, tra ricordi e visioni, insidie e reazioni. Nel quadro, se destano qualche scalpore le vicende di Chase e KC, è l’esuberanza quasi caricaturale dello sceriffo cattivo a catturare la scena con la sua sadica volontà di punire i condannati. Difficile con un personaggio così ingombrante lasciarsi andare a qualche seria riflessione sul tema centrale proposto dallo show, la possibilità di redimersi. In generale, il tono della serie salta troppo spesso dal drammatico al grottesco per coinvolgere con le storie, alcune anche interessanti, che racconta. Se l’idea era quella di raccontare un incubo fantascientifico coi suoi riflessi sociali, come in Black Mirror ma in chiave Arancia Meccanica, bisogna dire che l’idea è naufragata in un prodotto senza infamia sì, ma anche senza lode.

Per vedere The I-Land in streaming su Netflix, clicca QUI.

Sergio Gamberale

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