La prima domanda è ovvia: è davvero così sexy la Zellweger in “What/If”? Sì e no. Da una parte a volte sembra che Renée esprima più carnalità di quanta i suoi scrittori gliene chiedessero. Dall’altra il suo personaggio ondeggia tra cervello e bassi istinti in una tempesta di emozioni gelate in cui è difficile non perdere la bussola. Perciò sì, la Zellweger è assai stuzzicante in questa serie, ma lo è con la mente oltre che con il corpo. Di certo, superato l’episodio iniziale in cui la vediamo avanzare una proposta indecente a una coppia in cambio di un finanziamento decisivo per la loro impresa, non è sulle corde della provocazione sessuale che si gioca il suo ruolo.
Del resto siamo in un thriller noir ambientato nel mondo dell’alta finanza e la gente che vi si muove è gente che maneggia non solo i soldi ma il potere. Così quella che sembrava una provocazione gratuita si rivela essere parte di un disegno sofisticato. Il gioco non è affatto finito e quei due giovani sposini non hanno terminato di pagare in natura il milionario aiuto della protagonista. Nel ruolo dell’antagonista di Renée Zellweger c’è Jane Levy, che abbiamo visto in “Twin Peaks” e in “Castlerock”. Anche nel suo caso, ritorna una brutta sensazione: sembra che l’attrice sia meglio del personaggio che interpreta.
Il fatto che è che tra storie parallele e approfondimenti psicologici la sfida centrale tra le due donne perde un po’ vigore, con l’andare delle puntate. Mentre abbiamo l’opportunità di esplorare da vicino l’ambiente che circonda le protagoniste. A cominciare dal marito, Blake Jenner, ex giocatore di baseball caduto in disgrazia, anima inquieta, anello debole nella catena che la Zellweger tiene fermamente al polso. Uscendo dal situazionismo di genere, nulla di rimarchevole da notare. Sviluppo piatto e orizzontale della trama. Brutto segno per un noir, che dovrebbe vivere di improvvisi squarci di luce nella notte.
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Sergio Gamberale
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