Ricky Gervais è uno che sa farti sganasciare dalle risate mettendoti contemporaneamente in imbarazzo. Lo stile caustico delle sue battute lo ha reso celebre anche come autore e presentatore. Basta vedere il suo one man show “Humanity” su Netflix per farsi un’idea. Oppure ricordare le sue presentazioni ai Golden Globes in cui sparava veleno a raffica sui grandi di Hollywood. Il concetto di politicamente corretto è estraneo al suo modo di intendere lo spettacolo. Nessun tema per lui è vietato. Si può parlare e ridere di tutto. Ora, in “After Life”, la serie che ha scritto e diretto, oltre che interpretato, se la prende addirittura con la vita.
Lo vediamo infatti nei panni di Tony, un fresco vedovo che da quando ha perso la moglie per un cancro, non ha più voglia di vivere. A parte i momenti in cui la rivede in vecchi video registrati sul computer, la sua esistenza gli appare insignificante, dolorosa e squallida. Dar da mangiare al cane, scribacchiare articoletti per il giornale locale in cui lavora o fare visita al padre malato di Alzheimer sono il triste copione che la vita gli offre. La psicoterapia? Inutile, anche perché il terapista a tutto sembra interessato fuorché a lui. Uno scenario in cui il suo cinismo può esercitarsi liberamente. Così eccolo andare a comprare droga a un eroinomane, terrorizzare un ragazzino bulletto o assoldare una prostituta come colf. Gesti anarchici che assumono in questo quadro il significato di un estremo sberleffo a chi lo spinge a reagire.
Eppure Tony non è un pazzo. E non è solo la sua vita ad essere insulsa. Sarà depresso e impudente, ma qualche ragione ce l’ha nel guardare con espressione sprezzante o indifferente la mediocrità delle esistenze di colleghi, amici e personaggi che intervista. Insomma: si può essere seriamente felici per una ciambella a merenda come quel ciccione scemo del fotoreporter? Dietro al “chissene frega di vivere” di Tony c’è quindi la questione enorme del significato della vita. Un tema addirittura filosofico, che Gervais ha voluto affrontare spingendo sul lato dello scetticismo.
Non sarà il massimo del divertimento, “After Life”. Nessuna battuta o gag strapparisate nella sua sceneggiatura. Piuttosto farà pensare e sorridere. A colpi di umorismo nerissimo e con l’uso di una comicità glaciale e spiazzante, alla fine questa black comedy ti porta a domandarti non tanto che senso abbia l’esistenza, ma se abbia un senso porsi questa domanda. Perché se è drammatico perdere il gusto di vivere, può essere comico credere che la vita debba avere di per sé un significato.
Puoi vedere “After Life” in streaming su Netflix cliccando QUI.
Sergio Gamberale
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