Cosa c’entrano i robots con l’amore e la morte? Cos’hanno a che fare i sentimenti con le macchine? È la domanda con cui ci si affaccia a “Love Death + Robots”, la serie antologica di animazione per adulti che sta suscitando grande interesse in queste settimane su Netflix. Cominciando dal titolo, il tema viene declinato in diciotto cartoon della durata di pochi minuti e completamente indipendenti l’uno dall’altro. Storie, ambientazioni e tecniche sono tutte diverse ma le tematiche affrontate girano tutte intorno alla questione del rapporto tra natura umana e tecnologia.
Ma prima di arrivare al pensiero, la serie arriva agli occhi. La qualità dell’animazione è molto alta. Sia che si racconti una lotta all’ultimo sangue tra due mostri manovrati tra umanoidi; sia che si parli di robot del futuro in viaggio turistico su una Terra post apocalittica; sia che si scopra una civiltà dentro un freezer, le immagini catturano l’attenzione attraverso un uso disinvolto di tecniche in grado di assicurare realismo ed espressività. Ad ogni episodio oltre alla grafica, cambiano lo stile visual e il registro. Dentro “Love Death + Robots” il creatore Tim Miller (insieme ai produttori tra cui spicca il nome di David Fincher) hanno voluto metterci dentro tanto l’anime spaventoso quanto il motion capture brillante.
Non altrettanto si può dire della qualità narrativa. I diciotto episodi sono tutti belli da vedere, ma non tutti interessanti da seguire. Tra i migliori c’è sicuramente “Zima Blu”, la storia di un robot artista che annuncia il finale della sua carriera creativa con un ritorno alla sua originaria stupidità di macchina. L’esito del suo percorso di ricerca creativa sfocia in una devoluzione intesa come rinuncia alle facoltà intellettive acquisite. Poi va citato “Buona Caccia”, in cui la tecnica fornisce a un operaio cinese la possibilità di restituire a una fata intrappolata in un corpo umano le sue facoltà magiche.
In generale, il panorama di “Love Death + Robots” è fatto di macchine sempre più intelligenti e senzienti che vivono un rapporto complicato con un Uomo sempre più meccanizzato in mondi corrotti o decadenti. Distopia, certo, ma declinata anche in chiave umoristica o poetica. La si può leggere, sintetizzando molto, come uno sguardo malinconico sulle future e sempre più strette connessioni tra esseri viventi e robot. In questo panorama esistenziale, triste come il tramonto di una civiltà ma esaltante come l’alba di una nuova era, una suggestione emerge prepotente: i sentimenti non moriranno. Al contrario, sono destinati a rafforzarsi trasmettendosi come virus dagli uomini alle macchine. E viceversa. In un’esplosione di sensazioni inebrianti che ci racconta in modo nuovo l’eternità degli istinti che ci muovono e pervadono.
Puoi vedere “Love Death + Robots” su Netflix, cliccando QUI.
Sergio Gamberale
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