PRENDERE LA MORTE A TORTE IN FACCIA – Recensione “IL METODO KOMINSKI”

Michael Douglas e Alan Arkin protagonisti della bella commedia premiata con il Golden Globe. Una sfida a colpi di ironia e umorismo contro i fantasmi della morte.

Come sa bene chi ha calcato un palcoscenico, il comico e il tragico viaggiano sempre a braccetto. Cambi l’intenzione con cui la pronunci e la stessa battuta che ieri teneva il pubblico inchiodato meditabondo sulle sedie, oggi lo fa sganasciare in una fragorosa risata. Il confine tra i due mondi è assai labile. Del resto sono molti i critici che hanno rilevato gli aspetti tragici nascosti dietro la comicità di maschere come quelle di Charlot e Totò, o in Alberto Sordi e Paolo Villaggio. Ciò che rende il tragico e il comico due facce della stessa medaglia è il fatto che entrambe rompono con le regole della vita, come spiegò Umberto Eco in un saggio del 1981 (“Il comico e la regola”, Alfabeta, 21 Febbraio 1981). È per questo identico motivo che la morte fa piangere e una torta in faccia fa ridere. Niente di strano quindi che “Il Metodo Kominski”, la serie creata da Chuck Lorre, affronti temi tragici in chiave di commedia.

Michael Douglas in “Il Metodo Kominski”

Michael Douglas, Golden Globe per questa interpretazione, ha il ruolo di un attore ormai anziano, che dopo aver avuto un discreto successo si è dedicato all’insegnamento della recitazione. Per lui l’attore su un palcoscenico è come Dio, nel senso che ha il potere di creare un personaggio. Mentre nella sua scuola insegna ai suoi allievi come si dà vita a un tipo, al di fuori è circondato dal pensiero della morte. Il suo migliore amico, l’ex manager Norman interpretato da Alan Arkin, ha perso l’amata moglie ed è rimasto solo con le sue visioni e una figlia tossica. Contemporaneamente, Kominski inizia a soffrire di difficoltà urinarie che oltre ad imporgli seri dubbi sulla possibilità di amare la sua allieva Lisa (Nancy Travis) lo portano a dover attendere con trepidazione il verdetto decisivo dell’urologo Dottor Wexler (Danny De Vito). C’è un cancro? Benigno o maligno? Come se non bastasse, carta alla mano la figlia Mindy (Sarah Baker) gli annuncia che il fisco sta per abbattersi come una mannaia sulla sua impresa.

Michael Douglas e Alan Arkin in “Il Metodo Kominski”

Per quanto luminoso e vitale si possa sentire, Kominski è dunque ora di fronte alle tenebre della fine. Ma anziché piegarsi al terrore o alla sconfitta, affronta la difficile situazione con spirito leggero. Smonta il pessimismo dell’amico vedovo, sbeffeggia la propria vescica, accetta il rischio del fallimento virile con Lisa. Da attore qual è, si cuce addosso un ruolo da vincente, nonostante tutto. Così, armato di umorismo e ironia, si dedica a rovesciare il tragico in commedia. Come direbbe Umberto Eco, prende la tragedia a torte in faccia. E sono torte scagliate con stile. I dialoghi tra Douglas e Arkin sono duelli di arguzia e sarcasmo combattuti a colpi di fioretto. Il nichilista Arkin affonda, l’esuberante Douglas para e risponde. Uno spettacolo di scrittura e interpretazione, entrambe di alto livello. Una nota in più la merita Michael, chiamato a rivivere nella finzione il dramma della malattia che ha dovuto affrontare veramente, nella vita.

Danny De Vito e Michael Douglas in “Il Metodo Kominski”

La comicità pura è invece appannaggio di Danny De Vito. Lui carica, accende la miccia e fa esplodere la risata piena. Il suo urologo affonda nella carne del paziente Douglas con battute più taglienti del bisturi. Una macchietta che si erge a monumento. Dall’altra parte, la dolcezza del personaggio di Nancy Travis è invece dosatissima. Lei è donna vera, vissuta, per niente sognatrice, pratica ma non vipera, affettuosa ma non sdolcinata. In una commedia che parla di morte è il più bell’inno alla vita.

Michael Douglas e Nancy Travis in “Il Metodo Kominski”

Insomma è davvero una bella serie, “Il Metodo Kominski”, di quelle vai su Netflix, clicchi sulla sua icona e ti abbandoni a guardarla facendoti trasportare dolcemente nelle sue atmosfere. Non a caso ha vinto il Golden Globe come miglior serie di genere commedia. La guardi, ti godi il gioco sopraffino dei suoi magnifici attori e pensi che sì, la vita è bella anche perché puoi ridere di una torta di morbida panna lanciata in faccia alla maledetta morte.

Puoi vederla in streaming qui.

Sergio Gamberale

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