DUE “BABY” IN FUGA DALL’AMORE

Minorenni ricche, belle e prostitute? Non solo: il cuore della serie è nella rappresentazione corale di un mondo giovanile ricco di soldi e di desideri in cerca di oggetto.

Facciamo così: saltiamole direttamente le prime trenta righe in cui, con implacabile severità, bocciamo il pressappochismo tecnico-artistico di “Baby”, ironizziamo sul presunto realismo della storia, stiliamo classifiche di serie simili in cui risulta ben dietro a “13”, “Élite” e “Riverdale”. Andiamo direttamente a quello che ci sembra più importante: il cuore del racconto.

Ispirata a fatti emersi dalla cronaca, ma adeguatamente sceneggiati, questa nuova serie italiana di Netflix racconta le vicende che portano due ragazze minorenni dell’alta società romana a prostituirsi. E’ una storia scandalosa che seguiamo dal punto di vista delle protagoniste. Siamo ai Parioli, quartiere borghese, tra ragazzi che frequentano un liceo esclusivo e feste alla moda, hanno le macchinette, bei vestiti, i migliori smartphone. Sono privilegiati, insomma. Ma non per questo felici. Chiara e Ludovica, interpretate da Benedetta Porcaroli e Alice Pagani, ne sono consapevoli. Oltre a scuola e privilegi hanno in comune due famiglie disastrate. Genitori separati, in casa o non, con tradimenti o nuovi partner sotto gli occhi, rappresentazione esplicita di altrettanti fallimenti. Modelli da rifiutare, per le nostre ragazze nel pieno della loro formazione sentimentale

Benedetta Porcaroli e Alice Pagani in “Baby”

Anche il gruppo dei coetanei, è tutt’altro che caldo e accogliente, se basta un video privato, diffuso con malizia dal bullo di turno, per essere etichettata  come poco di buono ed esclusa. Da qui, la fuga in un mondo segreto. Attraente perché adulto, comodo perché redditizio, addirittura rassicurante perché il pericolo di un coinvolgimento è limitato da qualche banconota che chiude la questione. “Baby” non è tutta qui. Ci sono altri personaggi le cui vicende si intrecciano con quelle delle protagoniste. Damiano soprattutto, il ragazzo proveniente da un altro mondo, interpretato da Riccardo Mandolini, avrà un ruolo cruciale nella storia. Ma il cuore della serie è nella rappresentazione corale di un mondo giovanile ricco di soldi e di desideri in cerca di oggetto.

Ora, possiamo anche decidere di gettare nel secchio quelle poche righe di psicologia e sociologia che ci sono capitate davanti agli occhi negli anni, ma è chiaro che gli strumenti di analisi più giusti siano quelli, di fronte a un racconto che nasce da un’osservazione di fatti realmente accaduti. Senza addentrarci troppo in terreni da specialisti, possiamo dire (sulla base di un esame empirico) che il quadro generazionale composto dagli autori Antonio Le Fosse, Giacomo Mazzariol, Marco Raspanti, Romolo Re Salvador, Eleonora Trucchi è credibile. Quei ragazzi viziati e arrabbiati esistono veramente e potranno riconoscersi in molte delle situazioni che vengono raccontate.

Ma la nota più convincente della serie è nell’aver indagato sulle origini di una deviazione così plateale dalla normale crescita sentimentale di queste ragazze. “Baby” sembra dirci che anche vivere in una società opulenta può essere un dramma, perché il fatto che ogni tua voglia venga soddisfatta non significa aver eliminato il desiderio dalla tua mente. Significa solo dover lottare per dargli un nuovo nome. E una forma che non assomigli a quella cosa lì che i tuoi compagni sbeffeggiano; che ti fa tanto male quando ti ritrovi sola nella tua bellissima camera; che ti fa paura ogni volta che guardi in faccia i tuoi genitori: quella cosa che chiamano amore

Puoi vedere i trailer QUI.

Per vedere “Baby” in streaming su Netflix, clicca QUI.

Sergio Gamberale

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