Di Paradiso non parlerei. Non è quello il luogo in cui l’anima di Stan Lee vorrebbe essere accolta e custodita. Del resto uno come lui non ci resterebbe a lungo, in mezzo a quell’azzurro piatto, tra santi, taumaturghi ed eremiti che hanno abiurato la loro umanità. Con quegli eroi lì, quelli senza macchia e senza dubbio, incorruttibili, Stan non ha mai avuto niente a che fare. Anzi, c’è da credere che si divertirebbe a buttarli giù dalla loro presunta o narrata perfezione morale. Fino a farne degli uomini, disegnati a tratto deciso, colorati a tinte forti. Come il mondo in cui li farebbe vivere e lottare.
Del resto è proprio quello il merito che la critica unanimemente gli riconosce: l’aver reso i supereroi più umani. L’ira di Hulk, i tormenti di Spiderman, le cadute di Iron Man, i travagli interiori di Daredevil. Personaggi di carta, certo, ma pur sempre materia di mito e cibo per lettori avidi di imprese leggendarie. Perciò no, niente Paradiso per Stan. Meglio un Olimpo, o un Vahlalla o qualche altro posto con ombre fosche e semidei con poteri eccezionali ma cuore e sentimenti come i nostri. Oppure, meglio ancora, una più prosaica libreria. Su un dolce e caldo scaffale di legno, dove riporre e non dimenticare le storie che ha raccontato. Il posto c’è e Stan Lee se lo merita tutto. Accanto a quelli come lui, che hanno saputo intercettare e formare l’immaginario di generazioni di ragazzi e non, come Collodi, Mark Twain, Charles Dickens o Robert L. Stevenson. Perchè se è vero che Stan Lee ha reso umani i suoi supereroi, è altrettanto vero che ha fatto sentire, almeno per qualche ora, i suoi lettori degli eroi, dando forma alle ansie adolescenziali e proiettando le insicurezze giovanili su uno schermo di leggenda. Grazie a lui, ragazzini brufolosi e impauriti hanno imparato a volare, allungarsi, arrampicarsi sui muri, diventare di roccia e soprattutto affrontare faccia a faccia il male, mascherato da cattivo di turno. Ha saputo convincere quei tremebondi spaesati che dentro di loro si nascondesse un potere, una virtù unica che gli avrebbe consentito di farcela, in questo strano mondo in cui spesso per sopravvivere devi essere veramente un eroe e tirare fuori ciò che hai dentro. Li ha fatti grandi, il vecchio fumettista, senza dimenticare la realtà e senza cullarsi nella fantasia. Ma sapendo, da gran maestro, raccontare la prima attraverso la seconda.
Ci sei Stan, sei sul mio scaffale. Quando voglio, lancio una ragnatela e ti riporto qui.
Sergio Gamberale

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