Dylan, liceale cazzone, faccia da schiaffi e culo da calci, forse non è così scemo quanto sembra. Va bene, è quel tipo di idiota che si diverte a girare e diffondere video in cui scorreggia in faccia a neonati. Ma questo non significa che sia stato lui a imbrattare le auto di ventisette prof della sua scuola con altrettanti cazzi in vernice a spruzzo. Eppure le autorità scolastiche lo hanno condannato. Espulsione dalla scuola e centomila dollari di risarcimento.
Jimmy Tatro
Ad inchiodarlo è stata la testimonianza di un compagno. Ma soprattutto il pregiudizio che pesa come un macigno su Dylan e che fa dire a prof e compagni “chi altri potrebbe essere stato se non lui?”. Per fortuna di Dylan, c’è chi non crede a questa facile verità e decide di realizzare un documentario investigativo per andare a fondo nella vicenda. “American Vandal”, la serie di Tony Yacenda distribuita da Netflix, è la storia della realizzazione di questo film.
Tyler Alvarez
Peter (Tyler Alvarez) e Sam (Griffin Gluck) si muovono come due giornalisti d’inchiesta e trattano questo piccolo episodio di teppismo come fosse un omicidio da prima pagina. Con interviste ufficiali e rubate, materiali video dei telefonini e molta grafica, montano un documentario in stile “crime” in cui analizzano ogni possibile scenario. Nel corso delle puntate, i dettagli che potrebbero scagionare Dylan (Jimmy Tatro) si fanno via via più convincenti mentre emergono nuovi e inaspettati possibili colpevoli.
Molto ben costruito e ricco di idee, questo piccolo falso documentario punta il dito contro le opinioni preconcette, le voci false che diventanono realtà perché insistenti, le verità precostituite. In una parola, sul pregiudizio. La verità è cosa ben diversa dall’apparenza, ci dice “American Vandal”. E i fatti vanno conosciuti a fondo, prima di trarre conclusioni. Discorso tutt’altro che banale, nell’epoca della comunicazione veloce, globale e virale, dove le voci malevole e le fake news intossicano quotidianamente la verità e la reputazione di ognuno di noi.
Giornalista pentito e critico per natura, si è occupato per vent’anni dell’oggetto delle sue passioni e dei suoi studi giovanili: il cinema. Come inviato e critico ha assistito sgomento alla fine della settima arte. Asciugate le lacrime e trovato un secondo lavoro, ha iniziato a seguire le serie tv e la fiamma dentro di lui si è riaccesa.
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